L’Infinito di Giacomo Leopardi compie oggi duecento anni: non si tratta solo di una bellissima poesia, ma ritrae perfettamente uno stato d’animo dell’Uomo. Spazio e tempo come entità non limitabili, che si concretizza nell’alternarsi delle stagioni, nello scorrere del tempo, nella vita che muore e rinasce senza soluzione di continuità. Sono questi i concetti cardine de “L’infinito” di Giacomo Leopardi, una delle poesie più amate di sempre e che molti ricordano ancora a memoria.
Leopardi volge lo sguardo ad elementi paesaggistici a lui familiari, che gli provocano una profonda riflessione sui misteri dell’esistenza. Gli elementi naturali protagonisti nei primi versi sono un colle, una siepe che interferisce con lo sguardo. Pochi elementi che permettono all’autore di riflettere su spazio e tempo, su passato e presente, e il loro infinito dilatarsi che lo pone piccolo piccolo di fronte alla grandezza di questi elementi.
Verso dopo verso lo sgomento lascia spazio alla dolcezza, con le riflessioni “infinite” che diventano modo per l’autore trovare il significato del suo passato e del suo presente, rappresentato nelle parole “io nel pensier mi fingo; ove per poco il cor non si spaura”. I limiti di Leopardi diventano quindi un’opportunità per andare oltre, usando la propria immaginazione. Un’esperienza personale ed intima a cui il poeta di Recanati si abbandona, ben rappresentata nei versi “tra questa immensità s’annega il pensier mio: e il naufragar m’è dolce in questo mare.”
685 Visite totali, 1 visite odierne